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I bambini del villaggio si preparavano a tornare alle loro case, dopo un’ennesima giornata di fatiche.
Tutti, tranne Ahmedin, che si era arrampicato sul ramo più alto di un’acacia, per guardare il lago. Amava vedere l’acqua luccicare e sentire il vento tra i rami degli alberi illuminati dagli ultimi raggi del sole…
“Dai Ahmedin, vuoi muoverti? Prima o poi ti lasceremo indietro!“
“Arrivo! - gridò Ahmedin, e saltò giù dall’albero.
Ma chi è questo Ahmedin, direte. Un ragazzino di 12 anni, agile come una gazzella, due grandi occhi scuri, intelligenti e curiosi, uno spirito libero insomma e… un po’ sfaticato.
Il villaggio di Malka si trova a 100 km a sud di Massaua, ai piedi di una grande montagna, dove sembra quasi trovare rifugio dall’immensità del paesaggio che lo circonda.
La vita a Malka, come in molte altre parti dell’Africa, somiglia a quel lago che piace tanto ad Ahmedin. Molti la guardano da lontano con compassione, spesso chiedendosi come ancora resiste, quando la danno ormai per spacciata.
Forse non sanno come in questi posti la vita sia diventata testarda.
Uomini, donne e bambini che cercano di andare avanti in un ambiente arido e inospitale, in condizioni di estrema povertà, tra le frequenti siccità e i contraccolpi di una guerra tormentata che ha distrutto vite, famiglie, speranze.
A Malka il problema più grave è quello dell’acqua. Le siccità hanno prosciugato le fonti idriche, impedendo la coltivazione di quei pochi terreni fertili a disposizione e l’allevamento del bestiame, lasciando la popolazione in balia di carestie e malattie.
Ogni giorno da Malka un gruppo di bambini percorre 8 km con dei grandi secchi per giungere al lago in modo da rifornire il villaggio di acqua.
Ahmedin aveva cominciato ad andare al lago fin da piccolino, ma a differenza di tanti che si erano presto abituati, aveva sempre cercato il modo di sgattaiolare, anche perché preferiva di gran lunga andare a scuola.
Da una decina di anni, infatti, un gruppo di italo - inglesi aveva attivato un centro di volontariato per migliorare le condizioni di vita della popolazione.
I primi tempi non era stato facile. Mancavano i fondi e spesso la buona volontà non bastava. C’erano di mezzo battaglie politiche, conferenze internazionali, interessi commerciali. Ma a poco a poco, erano riusciti a fornire la comunità di alcune strutture di accoglienza e ad aprire una scuola.
Ahmedin era stato subito entusiasta, aveva dimostrato tanta voglia di imparare ed un’intelligenza vivace, faceva di tutto per poter frequentare le lezioni, fino ad arrivare a saltare il proprio turno nel rifornimento di acqua.
Per non parlare delle cattive amicizie che aveva stretto; spesso infatti, Ahmedin, si recava a far visita ai volontari.
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La gente del villaggio, ormai abituata a quelle condizioni di vita, non sempre vedeva di buon occhio il loro operato, anzi spesso lo prendeva come l’imposizione di un modo di vita che non era il suo.
Ahmedin aveva legato in particolare con il vecchio Jack, che gli raccontava strane storie su capanne altissime fatte di vetro, e diceva di aver viaggiato con dei carri senza animali… come li chiamava? Ah sì, automobili, o qualcosa del genere.
Ahmedin rimaneva sempre senza parole soprattutto quando Jack gli parlava di posti in cui i bambini erano liberi di andare a scuola senza doversi preoccupare di svegliarsi presto la mattina per andare a prendere l’acqua, poiché quest’ultima usciva da strani pezzi di metallo, che Jack chiamava rubinetti, come per magia.
“Sarebbe bello che fosse così anche a casa“ disse Ahmedin ad alta voce.
Jack lo guardò. Fu colpito da quelle parole, un misto tra ammirazione per quel ragazzino dagli occhi sognanti e la consapevolezza della dura realtà.
“Già! Ma dovremmo portare un lago al villaggio!” aggiunse Ahmedin.
Si diedero un’occhiata e sorrisero entrambi.
Nei sogni di un ragazzino e di un vecchio si avvicinava sempre di più la possibilità di cambiare in meglio la vita di tutti e soprattutto dei bambini.
“Ma vuoi spiegarci cosa ci trovi in questo benedetto lago? Riesci sempre a scappare, le poche volte che vieni con noi te ne stai lì a fissare l’acqua.“
“Voglio portare il lago al villaggio."
“Il lago? Vorrai dire l’acqua! Beh allora prendi i secchi e comincia a riempirli!“
“No. Voglio portare il lago al villaggio cosicché voi tutti possiate venire a scuola invece di andare ogni giorno a prendere l’acqua.”
Venuta a conoscenza degli strani propositi di Ahmedin, la madre si fece molto più severa con lui. Dava la colpa a quel Jack, il bianco che voleva tanto aiutare e invece ficcava strani pensieri nella testa dei ragazzini. Ahmedin fu costretto ad
andare tutti i giorni a portare l’acqua al villaggio, non potendo più andare a scuola.
“Piantala di sognare, vieni a portare i secchi di acqua con noi! “ gli suggerivano tutti. Ma Ahmedin continuava a guardare il lago. Aveva un sogno e non voleva arrendersi.
Passarono i giorni, i mesi, gli anni. Gli abitanti di Malka continuavano imperterriti nelle loro fatiche quotidiane.
Nessuno si era fatto più strane idee, soprattutto dalla partenza di Jack, che aveva portato con sé anche Ahmedin. In un mondo nuovo, diverso, quello in cui erano ambientate le storie che gli aveva raccontato da piccolo. Un mondo che, nonostante tutto, non poté mai sostituire la sua casa e quel lago.
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Per anni, non si ebbero più notizie di Ahmedin. C’era chi diceva: “Ecco la fine che fanno i sognatori“.
Come non detto, quasi per smentirlo, Ahmedin si rifece vivo. Tornato al villaggio, disse: “ho studiato molto, viaggiato, conosciuto persone e luoghi. E adesso sono tornato. Ho trovato il modo per portare il lago al villaggio. Però avrei bisogno di aiuto. Qualcuno è disposto a venire con me?“
“Sì, io“ affermò una voce oltre la piccola folla degli abitanti, una voce che Ahmedin fu felicissimo di risentire. La voce che per tanto tempo aveva nutrito il suo sogno.
Non si sapeva né quando né come, ma anche Jack era tornato, pronto ad aiutare Ahmedin.
Come descrivere lo stupore generale quando i lavori stavano pian piano giungendo a conclusione? Nessuno riusciva a crederci! Nel giro di qualche mese, anche grazie all’intervento di alcuni abitanti del villaggio che cominciavano a credere nella riuscita del progetto, la costruzione del serbatoio fu terminata. Tutti aspettarono con impazienza la sua apertura, sperando che tutto ciò non fosse solo un’illusione e goccia dopo goccia ecco l’acqua del lago uscire dal rubinetto!
Finalmente anche i bambini di Malka oggi possono andare a scuola, studiare e imparare invece di dover andare a prendere l’acqua al lago. Il sogno di Ahmedin e Jack si è avverato.
Manca ancora molto per un futuro perfetto, ma questo è uno dei passi che si possono fare per avvicinarsi ad esso.
Passo dopo passo, tutto è possibile.
Marcellina Sobczak - Italia
http://www.harambee-africa.org
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