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28 gennaio 2016

BULLISMO - LETTERA DI UN PROFESSORE


Oggi una ragazza della mia città ha cercato di uccidersi.
Ha preso e si è buttata dal secondo piano.
No, non è morta. Ma la botta che ha preso ha rischiato di prenderle la spina dorsale. Per poco non le succedeva qualcosa di forse peggiore della morte: la condanna a restare tutta la vita immobile e senza poter comunicare con gli altri normalmente.
“Adesso sarete contenti”, ha scritto. Parlava ai suoi compagni.
Allora io adesso vi dico una cosa. E sarò un po’ duro, vi avverto. Ma c’ho ‘sta cosa dentro ed è difficile lasciarla lì.
Quando la finirete?
Quando finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci contro uno?
Quando finirete di far finta che le parole non siano importanti, che siano “solo parole”, che non abbiano conseguenze, e poi di mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i messaggi che siete capaci di scrivere – tutte le vostre “troia di merda”, i vostri “figlio di puttana”, i vostri “devi morire”.


Quando la finirete di dire “Ma sì, io scherzavo” dopo essere stati capaci di scrivere “non meriti di esistere”?
Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando passa la ragazza grassa, quando la finirete di indicare col dito il ragazzo “che ha il professore di sostegno”, quando la finirete di dividere il mondo in fighi e sfigati?
Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a vostra sorella, a voi?
E poi voi. Voi genitori, sì. Voi che i vostri figli sono quelli capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così forte.
Quando la finirete di chiudere un occhio?
Quando la finirete di dire “Ma sì, ragazzate”?
Quando la finirete di non avere idea di che diavolo ci fanno 8 ore al giorno i vostri figli con quel telefono?
Quando la finirete di non leggere neanche le note e le comunicazioni che scriviamo sul libretto personale?
Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta l’anno (se va bene)?
Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non è una malattia, o un fatto da deridere, quando inizierete a non essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole ma gli esempi, gli insegnamenti migliori?
Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quell’età decide di buttarsi, non lo sta facendo da sola: una piccola spinta arriva da tutti quelli che erano lì non hanno visto, non hanno fatto, non hanno detto.
E tutti noi, proprio tutti, siamo quelli che quando succedono cose come questa devono vedere, fare, dire. Anzi urlare. Una parola, una sola, che è: “Basta”.



Lettera scritta dal Prof. Enrico Galliano di Pordenone

22 gennaio 2016

COLTAN : STRAGE DI BAMBINI E INNOCENTI SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO

 

Sono milioni le vittime innocenti della Repubblica Democratica del Congo legate allo sfruttamento indiscriminato del coltan (abbreviazione di columbo-tantalite), una miscela complessa di due minerali della classe degli ossidi, la columbite e la tantalite, diventata preziosissima nell’era dell’Hi Tech.

Il minerale, peraltro leggermente radioattivo, è, infatti, utilizzato per la realizzazione delle batterie di dispositivi elettronici, come smartphone, tablet, navigatori satellitari, computer. La diffusione esponenziale di questi prodotti e delle nuove tecnologie ha elevato a dismisura lo sfruttamento di queste risorse minerarie, con conseguenze devastanti sul piano ambientale e umanitario per i paesi che ne sono ricchi.

Tra gli stati entrati nel mirino di interessi economici e geopolitici legati al valore in costante aumento del coltan, a tutto vantaggio di Stati Uniti, Europa e paesi asiatici, in primis la Cina, c’è appunto il Congo, che ‘vanta’ già una storia plurisecolare di sfruttamento alle spalle.

Si stima che nel sottosuolo della repubblica Democratica del Congo si trovi fino all’80% delle risorse mondiali di coltan, il minerale ‘insanguinato’ perché estratto in condizioni disumane, senza il rispetto dei diritti umani, e in aree di conflitto alimentato dai proventi delle estrazioni stesse.

Proprio questa enorme disponibilità di risorse in Congo ha generato equilibri economici e politici controllati dalle potenze mondiali, con conseguenze nefaste per le popolazioni locali, già colpite da elevati tassi di povertà. Proprio miseria e disoccupazione portano bambini, donne e uomini a lavorare nelle miniere in condizioni di sfruttamento e schiavizzazione inaccettabili, che proliferano grazie anche al fatto che le miniere di coltan non legali, quindi non controllate dal Governo congolese, sono tantissime.

I congolesi lavorano in condizioni pericolose e con mezzi rudimentali, rischiando ogni giorno la vita in cambio di pochissimi soldi, sotto gli occhi delle grandi multinazionali e della politica. Le paghe per una giornata massacrante di lavoro che tocca le 15 ore possono arrivare a 10 centesimi al giorno. Prezzi che vanno sì raffrontanti con il valore della moneta locale, ma anche con il valore di vendita sul mercato del coltan, che è decisamente più alto: circa 600 dollari al chilogrammo. Molti bambini, sottratti alle loro famiglie, vengono costretti a lavorare anche gratis. I piccoli corpicini dei bambini sono indispensabili per raggiungere i punti più angusti e inaccessibili sottoterra per estrarre il coltan. E lì troppo spesso perdono la vita o restano invalidi, senza assistenza medica adeguata. I punti sanitari per la gestione dell’emergenza sul posto sono rari.

Come se non bastasse, lo sfruttamento di queste risorse da parte dei paesi ricchi ha innescato spirali di violenza che gravano sulle popolazioni congolesi, mietendo milioni di vittime. Lo sfruttamento indiscriminato di queste risorse da parte delle compagnie economiche internazionali, ha favorito l’inserimento di gruppi armati in loco, che si sono insinuati nel controllo delle estrazioni di coltan, in perenne lotta tra loro per contendersi il controllo delle varie miniere. I gruppi armati che controllano le estrazioni si arricchiscono, quindi, dai traffici di coltan, e hanno interesse a tenere accesi in Congo scontri armati e violenza, controllando e assoggettando le popolazioni e il traffico di risorse minerarie.

Alcune di queste miniere, vista la loro grandezza e l’elevato impatto ambientale, sono state individuate. Ma molte altre sono nascoste nelle foreste, in punti difficilmente raggiungili anche a piedi. I minerali vengono prelevati direttamente con aerei da trasporto. Il che fa presupporre l’esistenza di una certa collusione dei trafficanti di coltan con i militari dell’esercito congolese e addirittura con alcuni militari delle Nazioni Unite.

Condizioni disumane colpiscono anche i portatori di coltan, ossia persone impiegate per il trasporto del minerale dalla miniera al punto di carico. Questi lavoratori percepiscono forse qualcosa in più rispetto a chi estrae, ma in compenso devono camminare per lunghissimi tratti a piedi con carichi sulle spalle di una cinquantina di chili. Molti di loro non arrivano neppure a destinazione, e muoiono per stenti o per incidenti lungo il percorso.

L’acquisto del coltan da parte delle aziende produttrici di dispositivi informatici avviene in punti di raccolta nelle città, dove si incontrano mediatori collegati con chi controlla le miniere di estrazione e inviati delle industrie produttrici.

Il problema legato allo sfruttamento del coltan insanguinato è ormai conosciuto da anni, ma è ben lungi dall’essere stato ancora debellato. Servirebbe, infatti, un protocollo internazionale che permettesse di certificare la provenienza del coltan, e vietasse l’acquisto di quello estratto senza il rispetto dei diritti umani e in mezzo alla violenza. Nel 2010 gli Stati Uniti hanno vietato le industrie americane ad acquistare coltan prodotto senza il rispetto dei diritti umani. E anche l’Europa ha imposto limiti all’acquisto di questo minerale insanguinato estratto dal Congo. Purtroppo molto aziende riescono, però, ad aggirare questi limiti. La Cina merita un capitolo a parte. Le aziende cinesi sembrano, infatti, non avere limiti all’acquisto di coltan in Congo, anche da miniere illegali, e oggi la stragrande maggioranza della ‘sabbia nera’ congolese finisce in oriente. La sensibilizzazione verso il tema, forse, sta crescendo. Alcune imprese informatiche, ad esempio, stanno promuovendo un uso consapevole delle tecnologie, come il riuso di hardware e materiali, e l’uso di sistemi green, quindi a basso impatto ambientale.

Per questo è necessario informare e sensibilizzare l’opinione pubblica: perché una strage che si consuma da anni nel silenzio e nella connivenza generali abbia fine.

di Milena Vanoni
www.improntaunika.it



20 gennaio 2016

AFRICA: LA TERRA DEI BAMBINI - SPIRITO LIBERO ONLUS


Non abbiamo avuto dubbi sul primo progetto da realizzare: un pozzo; era il 2011.
Da pochi mesi avevamo abbracciato quest’idea, un’eredità ricevuta nostro malgrado, il Sogno irrealizzato di Claudio, un figlio, un nipote, un amico, uscito troppo presto di scena.
“L’acqua è vita” abbiamo pensato, la vita che ci è stata tolta, l’acqua è indispensabile, l’acqua è necessaria. Eppure nel mio primo viaggio in Africa ho imparato che dell’acqua si può fare a meno.
Ho imparato che di tutto si può fare a meno.
Ho imparato che se il nulla avesse un nome, si chiamerebbe Etiopia.

Jijiga è ai confini con la Somalia, 12 ore di percorso in auto da Addis Abeba, attraverso spazi infiniti, dove l’uomo si confonde con la terra, il cielo sembra avvicinarsi per coprirti e proteggerti. Ovunque si volga il tuo sguardo,lì trovi Bambini:
Bambini come uomini, come vecchi,
donne bambine.
Bambini che tirano buoi,
che dirigono greggi di capre,
che trascinano taniche di acqua,
sacche cariche sulla testa.
Più piccoli delle fascine che porteranno nella capanna,
più grandi dei fratelli che portano in spalla.
Bambini soli,
brandelli di stracci senza più colore.
Spuntano dal nulla, sembrano uscire dalla polvere che copre ancora i loro volti, ti scrutano impauriti, ti osservano incuriositi, poi i loro occhi rossi e umidi incontrano i tuoi e ti entrano nel cuore, trafiggono il tuo ego, le tue certezze, le tue convinzioni e allora… diventi più piccolo di loro.


Finalmente l’arrivo a Jijiga nella scuola St. Joseph. Lì c’era Claudio che ci aspettava, il suo volto, inciso sulla targa sistemata un anno prima sulle fontane, osservava ogni giorno i 1500 bambini che correvano nella polvere e che bevevano finalmente l’acqua che non avevano mai avuto, in un modo che non conoscevano… aprendo un rubinetto.
Da allora quando ripeto questo gesto usuale non posso non pensare alla gioia di quei “piccoli d’uomo”, ai loro sorrisi grati, all’amore che ci hanno donato per aver ricevuto ciò che per noi è meno del necessario.



Ass. Progetto Spirito Libero
www.progettospiritolibero.it

18 gennaio 2016

OGGI E' IL MARTIN LUTHER KING DAY. GLI STATI UNITI GLI RENDONO OMAGGIO




Washington, 18 gennaio 2016 - Oggi, il terzo lunedì del mese di gennaio, negli Stati Uniti si festeggia il Martin Luther King Day. Da Apple a Google in tanti rendono omaggio al pastore protestante leader dei diritti civili scomparso nel 1968. La stessa Wall Street è chiusa per l'occasione. La giornata è festeggiata dal 1986, ma fu Ronald Reagan nel 1983 a istituirla per commemorare l’attivista statunitense. Ma divenne festività ufficiale in tutti gli Stati Uniti solo nel 1993.

Per Apple non è la prima volta, da quando è CEO Tim Cook, che la home page del sito web Apple rende omaggio a Martin Luther King Jr. E anche Google gli dedica un doodle.

Martin Luther King Jr., il nome era Michael King Jr., è nato ad Atlanta, 15 gennaio 1929. Fu un pastore protestante, politico e attivista statunitense, leader dei diritti civili. Come Ghandi, di cui fu uno studioso, fu promotore della non violenza. 

L'impegno civile di Martin Luther King è condensato nella Letter from Birmingham Jail (Lettera dalla prigione di Birmingham), scritta nel 1963, e in Strength to love (La forza di amare) che costituiscono la sua indomabile crociata per la giustizia. Il 28 agosto del 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili il suo famoso discorso "I have a dream" ("Io ho un sogno"). Ricevette il premio Nobel per la pace a 35 anni per il suo messaggio di amore, lotta pacifista, uguaglianza e resistenza non violenta.Un blocco di granito ricorda il discordo di King a Washington (Ansa)

Fu assassinato il 4 aprile del 1968 a Memphis, Tennessee. Per l'omicidio fu condannato a 99 anni di carcere James Earl Ray, morì in carcere di epatite C nel 1998.












www.quotidiano.net

15 gennaio 2016

I BAMBINI "DANNATI" DEL CONGO, ACCUSATI DI STREGONERIA

Ritenuti responsabili di malattie e povertà vengono cacciati dalle famiglie e sottoposti a torture e riti crudeli dalle “Chiese del risveglio” che prosperano con il business degli esorcismi. Un reportage della rivista Africa

Bambini di strada in Congo
ROMA – A Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, 40 mila bambini vivono da sbandati, in strada. L’80% di loro è stato cacciato dalla stessa famiglia di appartenenza dopo essere stato accusato di stregoneria. Un fenomeno inquietante che ha registrato un vero e proprio boom negli ultimi anni. Colpa anche della grave crisi economica e sociale del Paese e di superstizioni che vengono cavalcate dai pastori delle cosiddette “Chiese del risveglio”. Ai bambini “stregoni” è dedicato un reportage di Caroline Six (corredato dalle “violente” foto di Gwenn Dubourthoumieu) pubblicato dalla rivista Africa.
Queste pseudo chiese, di ispirazione cristiana, alimentano le credenze popolari e prosperano con il business degli esorcismi. Le famiglie schiacciate da  povertà, disoccupazione, malattie e morti finiscono spesso per affidarsi a predicatori che “individuano nei bambini la causa di ogni male”. “I bambini – si legge nell’articolo, - additati come demoni, diventano degli incubi per le famiglie”, così pericolosi che i loro stessi congiunti decidono di sbarazzarsi di loro.

Kinshasa Kids. La band dei bambini stregoni 

Per essere sospettati di essere stregoni basta poco: il sonno agitato, lo stomaco gonfio, un comportamento avventato. O ancora una malattia come l’epilessia o una disabilità. Ma questi “indizi” da soli non bastano. La parola finale spetta a un’autorità religiosa. A pseudo preti e guaritori che dicono di veder tutto del bambino: “la sua anima, la sua natura e perfino il colore della sua biancheria intima”. La confessione viene estorta a forza, con vere e proprie torture: lunghi digiuni, purghe, bruciature con cera rovente. Poi si procede con l’esorcismo.

Congo, un bambino sottoposto ad un esorcismo
Sono rituali “sconvolgenti” come affermano gli autori dell’articolo, che hanno assistito ad alcuni di essi. “I corpi dei bambini vengono unti con benzina e sale grosso. – dicono – la purificazione viene eseguita incidendo dei tagli simbolici tramite un machete”. Nella “sala operatoria spirituale”, si consuma una vera truffa: il prete “aspira il maligno” dal ventre del bambino con le labbra e sputa pezzi di carne che aveva nascosto precedentemente in bocca. 
Ogni mese 650 bambini finiscono in strada, molti con l’accusa di stregoneria, denuncia Remy Mafu, presidente del Reejer, rete di associazioni che si occupa di questa problematica. La superstizione è molto radicata, persino molti operatori che lavorano nei centri per i minori di strada ci credono. Nella Repubblica Democratica del Congo l’accusa di stregoneria è illegale. A Kinshasa è stata istituita una commissione per far rispettare la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo. Un tribunale che fino a questo momento è rimasto del tutto inattivo. Intanto “una moltitudine di piccoli dannati” è condannata a vivere nel terrore.  
www.redattoresociale.it