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08 dicembre 2014

VOLONTARIATO... secondo Luca...

Fare del volontariato è come bere un contravveleno. L’avvelenamento comincia presto, anzi subito: la casa, la famiglia, la città avvelenano, la nascita stessa è un veleno, il più tremendo; poi viene il lavoro, un avvelenamento interminabile, il divertimento (veleno su veleno), le cure, il più ovvio dei veleni.
Di veleno del mondo non si muore subito: meno pietoso del cobra e dell’aspide, il mondo avvelena per gradi, uccide senza uccidere.
La privazione di senso, l’assenza di centro, l’assoggettamento a tutto. Un mondo senza bellezza, sfrenatamente umanizzato, obbliga ad invocare, a cercare la fuga, a recidere i rapporti umani, a staccarsi dal polipaio, terrorizzati dalla faccia umana.
Farei il volontario al servizio degli insetti; riparerei le ali di mosca, aiuterei i ragni azzoppati ad attraversare i fili della biancheria, inventerei protesi per i lombrichi tagliati, le farfalle mutilate, le blatte ferite dalle scope.
Il volontariato è un contravveleno della retribuzione in denaro. I giovani che lo fanno sentono avvicinarsi lo schifoso vampiro dell’incombente PAGA e cercano un punto, un luogo favorito in cui non sia avvertibile la sua ributtante presenza; chi è già entrato nella bocca della paga, morsicato, masticato, digerito per sempre dal falso dio STIPENDIO, dal satana SALARIO, dai malefici spiriti CONTRIBUTI, o addirittura lo ha tirato giù nella prefossa la PREPENSIONE, e là dentro scalcia, resiste, annaspa per uno spiraglio di luce, per una tregua dai denti infami, con gioia si precipita verso l’occasione offerta – grazia provvidenziale- di darsi gratuitamente, di non sentirsi come venduto ai mostri, di beffare il potere sindacale, di fare al sindacato le fiches in faccia. Solo il lavoro disinteressato compensa. Lavorare è asservimento, ma dove mancano costrizione e denaro il lavoro muta natura, è un “ergon” da un soffio di felicità improvvisa reso leggero.
Il volontariato è un contravveleno dalla famiglia, che nel bisogno come nel soddisfacimento esiste principalmente come fabbrica privata di denaro. Il pensiero ossessivo delle famiglie è il denaro. Qui la buona e la mala vita si danno una mano: esiste in vista del denaro. Il figlio che non guadagna è sospetto, è un malato o una vergogna. Bisogna fare denaro. Denaro da spendere in macchine, turismo, o altra famiglia. Non è vita questa, è GIAPPONE.
Non c’è gusto a voler conservare questo mondo, è troppo fesso, manca troppo d’intelligenza, manca troppo d’amore.
Bene, che fioriscano i volontariati e sottraggano energie alle famiglie: ci sarà guadagno d’anima. La famiglia non salva, perde. Dove mette le mani fa il deserto, non la pace.
Il volontariato mette qualche salutare carica esplosiva qua e là, ma la gabbia di BIP ha l’estensione del mondo con tutto quel che oggi contiene. Il nome è vago, gli corrispondono realtà diverse, ed il totalitarismo sindacale non potrà a lungo permettere che delle attività assistenziali in grado di mobilitare e di occupare sempre più gente si sottraggano al suo controllo. Metterà inciampi.
Si può essere volontari dai 18 agli 80 anni, e oltre: il volontariato è aconfessionale e raccoglie chi va in chiesa e chi non ci va.
Come scuola di vita, se frequentata a lungo e con assiduità, mi pare delle più fruttuose; vi s’impara un mestiere imponente ed inesplicabile, che altrove non può essere imparato altrettanto bene: ad avere pietà, a donare amore, a portare la croce, per un tratto, per mezz’ora, per qualche ora al giorno, di chi non può farcela.

(Fonte Rai Radio 3)

                                                                                                         Pax


1 commento:

  1. Un punto di vista molto interessante, quello di Luca, che condivido pienamente. Una visione del mondo molto arguta, ironica e del tutto realistica. Con una sola morale: VIVA I VOLONTARI !

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