Foto M. Balbi |
Tiene tra le gambe una pietra piatta, dove sbatte a ritmo regolare una tonda pietra rossa. A ogni colpo una nuova briciola di polvere rossa va a aggiungersi al resto della polvere che splende al sole. È la famosa hocca, che le donne himba usano per cospargersi il corpo.
Si chiama Chatuncu, che significa “chi costruisce”. Accanto ha due bimbi che sorridono. Uno di loro accosta la mano alla bocca e manda dei baci. Sono i suoi figli e me lo fa capire mostrando due cavigliere che indicano il numero dei figli.
La polvere “hocca” – foto M.Balbi |
Continua a sbattere la pietra, poi prende un piccolo barattolo contenente grasso di mucca, prende la mia mano e mi mostra come la polvere unita al grasso può colorare la pelle.
Tute le donne lo usano?” chiedo, con l’aiuto di Ueera, un giovane ranger che mi fa da interprete. “No, soltanto le donne che hanno avuto la loro prima Luna (il ciclo mestruale, ndr). Da quel giorno possono cospargersi il corpo sino a due volte al giorno”.
Vedo che la hocca penetra in profondità nella pelle. “Non va mai via?”. “No, anche perché noi non possiamo fare il bagno. Solo gli uomini possono farlo”.
Poi racconta delle attività delle donne nel villaggio, sempre sorridendo. “Andiamo a prendere l’acqua, la legna, mungiamo le mucche perché ci diano il latte, curiamo le nostre stanze, cuciniamo, costruiamo gli oggetti, ci occupiamo dei bambini. Io ne ho due, ma le donne in genere ne hanno molti, nove o dieci”. Indica una donna che in una pentola mescola latte e mais.
“E gli uomini di cosa si occupano?”
Capanna nel villaggio Himba – foto M. Balbi |
“Gli uomini costruiscono i recinti dei villaggi, la struttura delle case e guardano le mucche”.
Mentre parla un uomo passa poco più avanti, dice alcune parole a una donna seduta per terra e procede oltre. “Quello è mio marito”, dice.
“Quando vi siete sposati?”
“La sua famiglia mi ha scelto quando avevo due anni”.
“Due anni?” domando, non essendo sicura di aver capito bene. “Sì, uno o due anni. Noi non contiamo gli anni. Non so con precisione in che anno sono nata. Quando ha deciso di sposarsi, io ero la sua cugina più giovane”.
“Quindi ti ha scelto perché eri sua cugina?” chiedo. “Sì, ci sposiamo tra cugini in modo che il bestiame rimanga in famiglia. Lui ha dato una mucca a mio padre, una a mia madre e una l’abbiamo usata per il matrimonio. Io sono rimasta a vivere con mia madre sino a che non ho avuto la mia prima Luna, poi ci siamo sposati nel mio villaggio”.
“È stata una bella cerimonia?”
“Sì, i matrimoni mi piacciono molto. Tutti sono felici, si beve, si danza, per diversi Soli. Sono le cerimonie più belle”.
“Quali sono le altre cerimonie?”
“Beh, ci sono i funerali, che sono belli, anche lì ci sono danzatori appositi, durano due Soli, prima ci riuniamo attorno al fuoco sacro” al centro del villaggio.
“Come mai vi riunite lì?”
“Per dire agli Antenati che stiamo portando un nuovo Spirito. Poi arrivano persone anche dagli altri villaggi. Chiunque conoscesse il defunto può unirsi”.
“Vi riunite spesso attorno al fuoco sacro?”
“Certo, gli Spiriti devono essere al corrente di ogni cosa che succede nel villaggio”.
“Quali altri eventi celebrate?”
Foto M. Balbi |
“Mmm... quando un uomo uccide un leopardo o una iena facciamo una cerimonia. Anche quando togliamo i denti davanti ai bambini”. “Come mai lo fate?” “Per distinguerli dalle altre tribù”.
Passa di nuovo il marito, sorride e saluta calorosamente. Lei sembra molto orgogliosa e fiera di lui.
“Potete anche divorziare?”
“Certo! Se non sono felice posso andarmene”
“E chi sancisce il divorzio?”
Non capisce la domanda. “Chi decide sul divorzio?” ripeto.
Mi guarda con gli occhi spalancati: “Io, se sono infelice lo decido io”.
Michela Balbi
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